giovedì 31 gennaio 2019

I Venti Principi Guida del M° Funakoshi (Shoto Niju Kun)

"Lo scopo ultimo del karate non si trova nella vittoria o nella sconfitta, ma nella perfezione del carattere dei partecipanti"



Il Maestro Gichin Funakoshi espose i Venti Principi del Karate (o Niju kun), che costituirono le basi della disciplina prima che i suoi studenti fondassero la JKA. In questi principi, fortemente basati sul bushido e sullo zen, è contenuta la filosofia dello stile Shotokan. Essi contengono nozioni di umiltà, rispetto, compassione, pazienza e calma sia interiore che esteriore. Il Maestro Funakoshi riteneva che attraverso la pratica del karate e l'osservazione di questi principi, il karateka era in grado di migliorarsi. Molte scuole Shotokan recitano tuttora il Dojo Kun alla fine di ogni allenamento, per trovare e aumentare sia la motivazione che lo spirito.
  


Lo stesso Maestro Funakoshi scrisse: "Lo scopo ultimo del karate non si trova nella vittoria o nella sconfitta, ma nella perfezione del carattere dei partecipanti".





I Venti Principi Guida del M° Funakoshi (Shoto Niju Kun)

Il Maestro Gichin Funakoshi, il padre del Karate, affermò che "lo scopo finale del Karate non è la vittoria o la sconfitta ma la ricerca della perfezione del carattere dei suoi praticanti". Per supportare questa affermazione e offrire guida ai praticanti, il M° Funakoshi scrisse venti principi (Shoto Niju kun).sono:



    Non dimenticare che il karate-do comincia e finisce con il saluto.

    Nel karate non esiste iniziativa (Karate ni sente nashi)

    Il karate è dalla parte della giustizia

    Conosci prima te stesso, poi gli altri

    Lo spirito viene prima della tecnica

    Libera la mente (il cuore)

    La disattenzione è causa di disgrazia

    Il karate non si vive solo nel dojo

    Il karate si pratica tutta la vita

    Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza

    Il karate è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda

    Non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere

    Cambia in funzione del tuo avversario

    Nel combattimento devi saper padroneggiare il Pieno e il Vuoto

    Considera mani e piedi dell’avversario come spade

    Oltre la porta di casa, puoi trovarti di fronte anche un milione di nemici

    La guardia è per i principianti; più avanti si torna alla posizione naturale

    I kata vanno eseguiti correttamente; il combattimento è altra cosa

   Non dimenticare dove occorre usare o non usare la forza, rilassare o contrarre, applicare la lentezza o la velocità, in ogni tecnica

    Sii sempre creativo

domenica 20 gennaio 2019

Un detto indù - di Marco Gandolfo



Un detto Indù recita:

Ci sono giocatori di scacchi che giocano male e non sanno di giocare male.  ( 1 )

Ci sono giocatori di scacchi che giocano male e sanno di giocare male

Ci sono giocatori di scacchi che giocano bene e non sanno di giocare bene. 

Ci sono giocatori di scacchi che giocano bene e sanno di giocare bene.  ( 2 )


Anche se quanto riportato può essere inteso come l'elenco di quattro categorie, riteniamo tuttavia che il testo vada interpretato innanzi tutto come riferentesi a quattro tappe o gradi di un processo conoscitivo che procede dall'ignoranza   alla conoscenza. ( 3 ) L'assenza o la presenza del padroneggiamento del gioco presente in due dei quattro gradi è complementare alla coscienza e può essere inteso come un  effetto relativamente "esteriore", ovvero il segno dell'avvenuta unificazione interiore del giocatore. Tuttavia va ricordato che un padroneggiamento  anche estremamente elevato degli aspetti più impegnativi del gioco, non  può da solo testimoniare il conseguimento effettivo del quarto grado. Un effetto può procedere da cause diverse, addirittura antitetiche tra loro. Dunque il solo padroneggiamento tecnico, se non unito alla consapevolezza non può che rimandare al 3° grado.  Così come tutti hanno in sè stessi la buddità, ma pochi la realizzano, similmente pochi giocatori potranno giungere  alla effettiva realizzazione del 4° grado . Questo è semplicemente dovuto al fatto che ogni essere non può  sviluppare altro che quanto porta in sè stesso fin dalla nascita. Pochi tra tutti coloro che mostrano un effettivo talento saranno in grado di padroggiare magistralmente il gioco e pochissimi avranno piena consapevolezza di quanto il gioco trasmette non solo sul piano prettamente ludico ma in quanto simbolo , fatto che consente di penetrare il messaggio veicolato dallo stesso nella misura consentita dalle proprie qualificazioni intellettuali. l''effettiva conoscenza del Nobil Gioco non potrà prescindere dalla penetrazione di quanto esso è e di quello che significa. Non sarà dunque sufficiente il tempo dedicato allo studio del gioco, non sarà  grazie a insegnamenti particolarmente profondi riguardanti aspetti tecnici, nè mediante altre modalità non portanti al nocciolo che si potrà giungere a essere un giocatore di scacchi che gioca bene e sa di giocare bene.. dove  si nota, sia detto di passaggio, un equilibrio tra conoscenza e azione, tenendo presente che la seconda  in un contesto normale è sempre subordinata alla prima.

    

I quattro gradi:
 
1 - Ci sono giocatori di scacchi che giocano male e non sanno di giocare male 


Rappresenta il grado proprio all'ignoranza, manca la competenza e manca la coscienza di non essere competenti. L'azione risulta totalente scoordinata e priva di unità.     

2 - Ci sono giocatori di scacchi che giocano male e sanno di giocare male  

Qui sorge la coscienza e la consapevolezza di giocare male. E' il primo fondamentale passo: comprendere che l'azione posta in atto è disordinata e priva di unità  . 


3 - Ci sono giocatori di scacchi che giocano bene e non sanno di giocare bene  


Questo grado è im relazione con il primo. In entrambi i casi è assente la consapevolezza del  valore del proprio agire, con la non trascurabile differenza che il giocare male del primo caso si è trasformato in un giocar bene sia pur attualmente incosciente.

4 - Ci sono giocatori di scacchi che giocano bene e sanno di giocare bene ( 4 )

Si tratta dei saggi la cui azione non è determinata dal desiderio di ottenere qualcosa, come ad esempio la vittoria ( 5 ), coscienti che essi possono giungere a padroneggiare l'azione ma non i frutti che scaturiscono da essa essi giocano in totale serenità. Essendo sciolti dagli attaccamenti mondani  essi   sono indifferenti sia alla vittoria come alla sconfitta. Così la loro mente pacificata non sarà turbata dalle vicissitudini della battaglia, alla quale parteciperanno senza esserne realmente coinvolti. La loro presenza sarà analoga a quella del Testimone interiore ( Ātman ). Il loro fare naturale svilupperà un gioco che sboccerà spontaneo e coerente a testimoniare l'unificazione interiore realizzata che si rifletterà nei movimenti del loro esercito che si muoverà come un un corpo coordinato e uno.   In questi casi gli Scacchi divengono  una vera e propria seconda natura, l'arte scacchistica è tutt'uno con il giocatore , di fatto non è altro che una sua facoltà  , un effettivo prolungamento del giocatore: l'insieme dei pezzi componenti la muta sarà per  il giocatore che ha conseguito il padroneggiamento e la consapevolezza, del tutto analoga, se non identica a quel che è la katana per un samurai. Quando  il saggio gioca  a Scacchi la sua condizione è paragonabile a quella del pesce che guizza nell'acqua.      
     
II fatto che si siano scelti gli Scacchi per veicolare un insegnamento riguardante la presa di coscienza, che dall'ignoranza può condurre alla conoscenza, non è certo casuale:gli Scacchi possiedono un simbolismo che si presta mirabilmente  a fornire il necessario punto di appoggio per poter passare gradualmente da una lettura esteriore fino a giungere a una presa di coscienza teorica e talvolta financo effettiva,che la partita in tutti i suoi componenti , compresi i due contendenti, non è altro che una fantasmogonia di Maya e che l'unico elemento reale non è altro che il Testimone, ovvero il principio che tutto illumina e pervade e che alberga in  ognuno di noi.

Note

1 - Al di sotto di tale categoria si potrebbe considerare quella 
dei giocatori di scacchi che giocano male e pensano di giocare bene...infine  per completezza va considerato il caso del
giocatore che gioca bene ma pensa di giocar male..

1 - E' facile notare come sia possibile stilare un elenco simile a quello posto all'inizio del presente scritto, riguardante ogni   attività umana sostituendo   i  termini giocatori di scacchi con una moltitudine di altri. Da tale possibilità deriva l'opportunità di effettuare un sincero esame di coscienza che potrebbe consentirci di riconoscere delle nostre qualità, positive o negative, che non sospettavamo avere in dote.

3 - Mediante la presa di coscienza effettiva della propria condizione che elimina le suggestioni che il mentale ha posto in essere.

4 - Mentre al primo grado il commmento recita:"questi sono gli ignoranti...evitali.."Il commento al presente grado ingiunge a questo proposito: "Questi sono i saggi... seguili!" 

5 - Che è in qualche modo in relazione con il senso di possesso e con l'esaltazione dell'egoità, quando è considerata come il fine del gioco. Si vedano a questo proposito:

Il simbolismo degli scacchi di Titus Burckhardt

The Way of Go by Desmond Meraz

Gioco e serietà di Ananda K. Coomaraswamy

 

e i nostri scritti  


Gli Scacchi come organismo di Marco Gandolfo

Giocare per vincere? - di Marco Gandolfo

Giocare per vincere? Il punto di vista orientale - di Marco Gandolfo

 

 

Le immagini somo tratte da
     
A MANUSCRIPT ON CHESS DEVELOPED FROM THE GAME OF CADURANGA

MYSORE, ANDRA PRADESH, CIRCA 1850

Sanskrit in Telugu script, 151 pages, on paper watermarked "J Whatman Turkey Mill 1833", 24ll. to the page, written in red and black ink, within watercolour rule border, copiously illustrated with watercolour diagrams and board settings of deities and mythological and geometrical designs, a few pages with paste-down alterations, a few blank leaves, original cloth wrappers, with stamp of Rajah of Mysore
Folio 14 7/8 x 9½in. (37.8 x 24.2cm.)
Christie's, 5 June 1996, lot 166 (part lot)   

Marco Gandolfo, Milano 20 1 2019

 

 

 

sabato 19 gennaio 2019

MUSHIN – “SENZA-MENTE”





Mushin  (无心, giapponese mushin; traduzione in italiano "senza mente") è uno stato mentale in cui artisti  marziali di alto livello cercano di entrare durante il combattimento.  

Inoltre è uno stato mentale da cercare durante le attività quotidiane..  

Il termine è ridotto da Mushin no shin (無心  の  心), un'espressione Zen che significa la mente senza mente  ed è indicato anche come lo stato di  "non-mindness".  

Vale a dire, una mente non fissata o occupata da pensieri o emozioni, e quindi aperta a tutto. Per l'origine  del  concetto  mushin,  vedere  Muga-Mushin.  E  'in  qualche  modo  analogo  a  un  processo  artistico  libero  durante un processo creativo. 

 

Mushin è raggiunto quando la mente di una persona è libera dai pensieri di rabbia, paura, o ego durante il  combattimento o la vita di tutti i giorni.  

Vi è  una mancanza di pensiero discorsivo e di giudizio, per cui la persona è totalmente libera di agire e di reagire nei confronti di un avversario senza esitazione e senza disturbi provenienti da tali pensieri.  

A questo punto, una persona si basa non su una speculazione intellettuale su ciò che sta avvenendo, ma  sulla reazione istintiva che viene dall’allenamento, o su ciò che si sente intuitivamente. Non è uno stato rilassato, quasi meditativo, però.  

La mente lavora ad una velocità molto elevata, ma senza intenzioni, piani o direzioni. La mente chiara è  paragonata a uno stagno, che è in grado di riflettere in modo chiaro la luna e gli alberi.  

Ma proprio come le onde nello stagno possono distorcere le immagini, così anche i nostri pensieri possono  interrompere la vera percezione della realtà. 

 

Un artista marziale deve probabilmente allenarsi per molti anni per essere in grado di mantenere uno stato  di mushin. In questo periodo le combinazioni di movimenti e scambi di tecniche devono essere praticati ripetutamente   migliaia  di  volte,  fino  a  che  non  possono  essere  eseguiti  spontaneamente,  senza  un  pensiero  cosciente,  cambiando  così  le  reazioni  naturali  per  essere  più  efficaci  in  combattimento  o  in  qualsiasi altra cosa.  

Alcuni maestri ritengono che mushin sia lo stato in cui una persona capisce finalmente l'inutilità di tecniche  e diventa veramente libero di muoversi.  

In realtà, quella persona non vedrà nemmeno più gli avversari come nemici, ma come esseri viventi che si  muovono nello spazio. 

 

Il leggendario maestro zen Takuan Soho ha detto:  

 

La mente deve essere sempre nello stato dell’acqua che scorre, e non si ferma da nessuna parte : quando il  flusso si interrompe, questa interruzione blocca la serenità della mente.  

Nel caso della spada, significa la morte.  

Quando  lo spadaccino è davanti al suo avversario, non deve pensare all'avversario, né a se stesso, né ai  movimenti di spada del suo nemico.  

Deve  solo  impugnare  la  spada  trascurando  ogni  tecnica,  pronto  unicamente  a  seguire  i  dettami  del subconscio. ( 1 ) L'uomo si è cancellato, come possessore della spada.  

Quando colpisce, non è l'uomo ma la spada nella mano del subconscio dell'uomo che colpisce. 

 

Tuttavia, Mushin non è solo uno stato d'animo che può essere raggiunto durante il combattimento.  

Molti  artisti  marziali  tentano  di  raggiungere  questo  stato  d'animo  durante  il  kata  per  raggiungere  una  perfetta esecuzione di mosse –  e questo può essere poi trasferito in un combattimento o in qualsiasi altro  momento. Una volta che Mushin si raggiunge attraverso la pratica e lo studio delle arti marziali (anche se  può essere realizzato attraverso altre arti o pratiche per affinare la mente e il corpo), l'obiettivo è quello di trasferire lo stesso livello di consapevolezza completa in altri aspetti della vita del praticante . 


1 - Questo termine rischia di indurre il lettore a farsi un'idea sbagliata dell'idea di non-mente che non comporta affatto l'aprirsi al subconscio e seguirne  i  dettami. Si tratta di domare la mente, si veda a questo riguardo  La ricerca del Toro  e recuperare la spontaneità originaria. Ciò è ribadito dagli antichi maestri del Taoismo. A questo proposito si consulti  Lie-Tzu Semplicità naturale

(NdR)





venerdì 18 gennaio 2019

ThaiChess การแข่งขันกมากรุกไทยกีฬามหาวิทยาลัย


The strongest chess siblings of India | Visakh and Vignesh


On the same day that Gukesh became a GM, India got another GM, in fact Visakh NR became a GM a few hours before Gukesh did, making him the 59th GM of our country. At the end of Delhi Chess 2019 Niklesh Jain caught up with not just Visakh but also his brother Vignesh and did an interview with them. Vignesh also has all his GM norms and a rating of 2465, so he is well and truly on track to be India's next GM. You get to know about this duo and also how they practice with each other and managed to keep improving in spite of so many financial hurdles faced by them.