martedì 28 maggio 2019

lunedì 27 maggio 2019

Irish Brandubh, temi d'attacco - jrton80 / mmagari



jrton80 / mmagari. Historical Hnefatafl 7x7 (Irish Brandubh), 14 moves, 2019-05-25 

Un tipico tema d'attacco, unito ad un doppio velenoso sacrificio.
Il nero è obbligato a catturare una guardia bianca pena il collasso
del lato Nord-Est....

M.G.

sabato 25 maggio 2019

Nihal Sarin vs Gukesh - The Clash of Indian talents at French Top 12


Nihal Sarin and D. Gukesh are two of India's finest talents. Gukesh born in 2006 is two years younger to Nihal who is born in 2004. The duo were paired against each other in the French League on 21st of May in Brest, France. Nihal played with the white pieces and went for the attack right out of the opening. What happened in the game, have a look in the video by IM Sagar Shah Sagar also analyzes a very nice win by Gukesh against GM Matthieu Cornette.

giovedì 9 maggio 2019

Ki no Nagarè

Proseguiamo nella pubblicazione di articoli sulle arti marziali. Chi ha letto i nostri scritti ne comprenderà la ragione..

 

M.G.




IL KI-NO-Nagare
  • Nei tempi antichi i guerrieri combattevano sopratutto con la spada. In Giappone i guerrieri, oltre a vari tipi di  lancia e di spada, usavano, specie quelli di rango più elevato, la « Kata-na » ossia una spada affilatissi-ma a lama leggermente ricurva, con il taglio da una sola parte, di modo che sull'altra si potesse esercitare la pressione supplementare della mano ed anche perché una lama a doppio taglio così  affilata  avrebbe costituito un pericolo anche per colui che l'avesse usata.A quanto ci riferiscono San Francesco Saverio, altri Padri Gè-suiti e qualche raro giornalista inviato in Giappone prima o subito dopo l'apertura Meiji del 1850 d.C., dette lame avevano una particolarità: se usate a regola d'arte, possedevano la capacità di tagliare in due qualsiasi delle più robuste ed affilate lame fabbricate in occidente. E ciò, sia per la  particolare composizione e tempera del metallo, sia per la particolare curvatura del taglio che ne rendeva assai penetrante anche la punta Il guerriero giapponese, detto in genere « Samurai » o ancor meglio « Bushi» (cioè il guerriero a cavallo, ossia il nobile cavaliere), alla guida delle sue truppe nelle continue lotte che si accendevano tra baroni (Daimyo) o fra i principi fedeli all'Imperatore e lo Shogunato ed ancor prima, nell'aurea epoca imperiale, fra le famiglie aspiranti alla divina dignità e nelle frequenti campagne di conquista o di difesa del patrio suolo, si trovava di  frequente in testa al plotone, nel pieno della mischia (« O gran virtù dei cavalieri antiqui » direbbe l'Ariosto) a  dover fronteggiare più avversari. Data l'efficienza, sopra descritta, delle lame usate in quei combattimenti, il cavaliere non poteva certo attendere che gli avversari manifestassero concretamente l'attacco il quale, una volta portato a fondo, sarebbe  risultato imparabile: un colpo di karaté, sferrato con il braccio o con la gamba può essere parato con il braccio o con la gamba; un colpo d'anca di un lottatore può essere parato dall'avversario, il quale può successivamente  « rientrare » con una contro-ancata; un colpo di « katana », invece, può essere parato soltanto prima di essere  sferrato o sul nascere, ma, una volta lanciato  può solo essere schivato; il che comporta ugualmente che sia stato intuito in anticipo, che altrimenti, per la velocità sua, non sarebbe più possibile evitarlo. Il colpo di spada è come una emissione di energia, come un soffio vitale ovvero come un dardo scagliato da  un arco e, dice il Metastasio: « Voce dal sen fuggita più richiamar non vale; Puoi rattener lo strale quando  dell'arco uscì? ». I giapponesi, nella loro lunga storia e nel lungo e pur recente loro medioevo, avevano avuto il tempo di  portare l'arma bianca ad una perfezione tale da assimilarne la velocità e l'efficienza quasi a quella dell'arma da  fuoco: solo ché in quest'ultima quella che agisce è la potenza della carica, mentre nella prima è l'emissione dì  energia vitale dello spadaccino che determina la potenza del colpo. Proprio nella capacità di percezione anticipata di questa energia sul punto di manifestarsi, stava il segreto dei  Bushi che riuscivano a contrastare vittoriosamente almeno fino ad otto (per ragioni tecniche di polarità e di direzione) avversari. Più ancora: iniziato il combattimento essi arrivavano a percepire e controllare la corrente dì energia vitale  (ki-no-nagare) che si stabiliva fra loro e i più avversari e, seguendo questa corrente, anzi addirittura  precedendola, si rendevano, essi primi, attaccanti dei più soldati che li insidiavano. E ciò in attuazione  guerresca del'antichissimo principio fondamentale dello Shin-To che vuole l'unione dell'uomo con lo Spirito  (energia vitale) che la natura e tutte le creature informa e protegge.Nell'esercìzio che si chiama « taninzugake » (attacco di più avversari), la pratica dell'aikido tende appunto a  sviluppare la percezione del ki-no-nagare, in un contesto, privo per nostra fortuna delle micidiali katane, che,  al di fuori di ogni ipotesi guerresca, vuole l'unione armonica degli spiriti fra loro e dì essi con lo Spirito del creato. Oltre l'esercizio specifico, per sviluppare tale sensibilità, occorre innanzitutto un corpo allenato che possa in ogni momento seguire gli impulsi mentali; e la buona esecuzione delle tecniche, che altrimenti con la loro rudezza farebbero da freno al fluire dell'energia onde è necessario e conseguenzìale abbandonare vìa via ogni  impulso di aggressività che verrebbe a spezzare la continuità del movimento (trasposizione Hai piano fisico a quello emotivo del princìpio di flessibilità, insito nel concetto di ju-jitsu e di ju-do).Dato tecnico fondamentale è la concentrazione dinamica e respiratoria sul « tanden » e quella visiva sul plesso pineale, onde mantenere costantemente ii centro de! movimento e della corrente di energia, senza lasciarsene  travolgere, ponendosi come l'occhio calmo de! ciclone attorno al quale ruotano i venti impetuosi, che ne  restano anticipati e quasi determinati nel movimento.A questo punto, per chi può e vuole intenderci trattandosi di opinioni del tutto personali, aggiungeremo che, sul piano spirituale, bisogna tendere a conservare in movimento il cosiddetto « vuoto mentale » (che, così come la suaccennata concentrazione sul « tanden », si sviluppa soprattutto attraverso le pratiche respiratorie del  seiza » e del « gassho » nonché attraverso particolari ginnastiche respiratorie di tipo hata-yoga, pur occorrendo per esso particolari disposizioni psico-fisiche) in modo che, da un Iato, ogni   situazione si presenti come in una sequenza cinematografica che scorre dinanzi allo sguardo senza soste, dall'altro perché attraverso quel « vuoto » possa liberamente percepirsi e far fluire all'esterno la corrente di  energia (secondo il principio del « solve » all'interno e « coagula » all'esterno) senza l'ingombro di pensieri  negativi di timore o di aggressività O la remora di ombre ristagnanti nei recessi dell'animo. (Si noti in  parallelo quanto già accennato in campo tecnico in tema di impulsi aggressivi e, sempre in parallelo, quanto  detto circa l'occhio del ciclone il quale, soltanto quando in esso si fa il vuoto, riesce ad esprimere all'esterno la  potenza travolgente della tromba d'aria). Appartiene infine al vero maestro il pieno controllo e la selezione qualitativa circa la natura di quelle energie  spirituali riassunte sotto il nome di Ki, per poterle volgere tutte al positivo nell'unione con il grande Ki dell'universo, che, come rugiada, solo può sciogliere e far rispondere il seme aurifero sepolto nel cuore dell'uomo
     

mercoledì 1 maggio 2019

Irish Brandubh : my system 14 - Marco Gandolfo

mmagari / unhandyandy. Historical Hnefatafl 7x7 (Irish Brandubh), 36 moves, 2019-04-18

Simbolismo del gioco dell’oca ed il Cammino di Compostela.




Nel corso dei millenni, il mondo profano ha elaborato un sistema di comunicazione verbale, sfociato, nella sua forma più complessa, nella dialettica e nella retorica. Ma la parola, che è alla base di esse, si è dimostrata inadeguata ad esprimere appieno tanto i sentimenti, i pensieri, quanto compiutamente i fenomeni del mondo reale.

Simbolismo del gioco dell’oca ed il Cammino di Compostela.

Secondo una leggenda medioevale, il corpo di San Giacomo Maggiore, dopo la sua decapitazione avvenuta a Gerusalemme fu trasportato su una barca che approdò in Galizia, nella “ria di Padròn” (Iria Flavia). Per secoli la tomba dell’Apostolo fu introvabile; solo nell’818 una stella ferma nel cielo indicò agli abitanti della ria il luogo della sepoltura. Il vescovo di Iria Flavia fece scavare in quel punto e fu riportata alla luce un’arca marmorea con le spoglie del santo. Il luogo fu chiamato Campo della Stella, da cui il nome spagnolo Compostela.

Il Santo fu creato patrono della Spagna e la via di accesso al suo santuario si chiamò il Cammino di Compostela o di Santiago. Col passare del tempo questa strada fu punteggiata da monasteri, ospizi ed ospedali, la cui difesa fu affidata ad ordini militari, tra cui sappiamo i templari. Ma il Cammino di Compostela era una via di pellegrinaggio antichissima, percorsa fin dal periodo neolitico da moltitudini di persone in cerca di iniziazione. In epoca precristiana era denominata: in vario modo tra cui “La via delle Oche selvagge”.

Le leggende cristiane medioevali ebbero origine nei monasteri benedettini dopo la fusione dei monaci di San Benedetto con quelli irlandesi di San Colombano, gli ultimi detentori delle conoscenze dei Druidi, sopravvissute alla conquista romana. I monaci irlandesi erano dei costruttori e la loro presenza sul “Cammino di Compostela” è ancora visibile in Galizia (Lugo e Pontevedra) e in Navarra (Leyra), dove rimangono importanti esempi di architettura di ispirazione celtica. Fra le leggende delle confraternite di costruttori medioevali v’era quella che narrava di un certo Maestro Giacomo, tagliatore di pietre, nativo dei Pirenei, tanto valente nella sua arte che aiutò Hiram di Tiro nella costruzione del Tempio di Salomone, innalzando la colonna Jakin, vocabolo che in basco significa “saggio”. I costruttori di Compostela erano riuniti in una confraternita denominata “Figli del Maestro Giacomo”, i quali erano cristiani, ma continuavano a seguire le loro antiche tradizioni. Il loro simbolo era il piede palmato dell’oca, simbolo del dominio dello spirito sulla materia

Quando gli antichi costruttori furono cristianizzati, il Maestro Giacomo, il saggio Jakin, divenne San Giacomo; i Jars (Oche), membri della confraternita, furono chiamati “Figli di Maestro Giacomo” ed il simbolo compagnonino dell’Oca si mutò nella conchiglia con la quale i pellegrini ornavano il loro mantello. Così, con una lieve modifica che lasciava intatto il nome era rispettata la tradizione antica lungo la via di Compostela, che in epoca pagana era detta: via delle Oche Selvagge (degli Jars liberi).
Si ha notizia del Gioco dell’Oca in una leggenda romana di cui Ercole è protagonista e, storicamente, nel secolo XVI. Forse la sua riscoperta avvenne in Italia, in quanto Francesco de’ Medici ne donò una copia a Filippo II d’Asburgo, ed il gioco affascinò la corte spagnola e presto si diffuse. Su un tavoliere è disegnato il tracciato di una via che gira a spirale, circolare o ellittica, diviso in 63 caselle numerate, di cui 13 con figure di oche, rappresentanti delle tappe vantaggiose. Lo stesso numero di tappe fu consigliato nel Medioevo ai pellegrini che si accingevano a compiere il percorso di Compostela. Altre caselle contengono figure simboliche che comportano delle penalizzazioni. Il riquadro centrale, senza numero, è il traguardo finale: il Giardino dell’Oca. Si tratta dunque di una via di Oche che, dopo il superamento di ostacoli nella marcia a spirale con giri sempre più stretti, conduce al Giardino dell’Oca, luogo di beatitudine fuori dal tempo, contemporaneamente fisico e metafisico, reale forse alle origini ma ormai soltanto spirituale, assimilabile all’Eden. Le caselle favorevoli sono quelle delle Oche (Jars) e dei Dadi (Grandi Pietre Cubiche. Le costruzioni megalitiche) che facilitano, le prime, il proseguimento del percorso e lo indicano e lo difendono i secondi. Gli ostacoli sono: il Ponte, l’Albero, il Pozzo, il Labirinto, il Carcere e la Morte. Ma la Morte si può sconfiggere con riti di rinascita. E di rinascita si tratta. Per l’iniziato il termine del pellegrinaggio non è Compostela, luogo di morte, ma è oltre: è la costa atlantica, è il capo Finisterre (Finis Terrae, estremo limite della terra), dopo il quale si entra nel Giardino dell’Oca, dove inizia il regno dello Spirito (la comunione con gli antenati).

La sua struttura a spirale, ripartita in 63 tappe in cui ricorrono alcuni simboli fissi, conduce verso il raggiungimento del centro, del "giardino dell'oca", meta di un cammino sapienziale iniziatico.

E' interessante notare innanzitutto che la spirale del gioco si svolge sempre in senso sinistrorso, come ad indicare che il raggiungimento del centro va inteso nel senso di una "via del ritorno", di una risalita verso l'origine, verso l'Uno.

L'Oca è una "guida provvidenziale": capitare su una casella contrassegnata da un'oca permette infatti di abbreviare il percorso, raddoppiando il punteggio ottenuto.

Il numero delle caselle, 63, è particolarmente significativo: come prodotto di 9 x 7 permette di intendere il percorso come successione di 7 cicli di 9.

Considerando anche il centro, avremmo in tutto 64 caselle e questo numero, è simbolo dell'Unità, verso la quale il cammino ci deve ricondurre (6+4=10; 1+0=1)

Conferma il valore di "guida provvidenziale" delle Oche è che le Oche donano delle "ali" che permettono di avanzare rapidamente; non ci si può fermare sulle loro caselle.

In tutto, il gioco comprende 14 Oche (un numero che ricorda, ad esempio, le tappe della "via crucis"), disposte secondo distanze regolari che evidenziano l'importanza del 7 e del 9 nella costruzione della struttura. Se infatti dividiamo il percorso in 7 cicli consecutivi di 9 caselle ciascuno ritroveremo sempre un'Oca alla quinta casella e un'Oca all'ultima, la nona. 

Quindi 4 caselle e un’oca alla quinta, poi 3 caselle ed un’oca alla 9°

A causa della disposizione regolare delle Oche, se un giocatore ottenesse 9 dal primo lancio dei dadi arriverebbe immediatamente alla fine del percorso, in quanto le Oche disposte a distanza 9 gli farebbero sempre replicare il punteggio iniziale.

Per evitare questo il gioco prevede due caselle speciali, dette caselle dei dadi, nelle quali deve portarsi immediatamente il giocatore che ottiene 9 col primo lancio. Le caselle favoriscono comunque chi ottiene un 9 iniziale, senza tuttavia fargli vincere subito il gioco ma permettendogli un ampio balzo in avanti.

Con due dadi, il 9 si può ottenere solo in due modi: con un 3 e un 6, oppure con un 4 e un 5. La caselle dei dadi saranno quindi solo due

L'analisi delle regole e delle caselle significative che abbiamo compiuto ci ha permesso di confermare e approfondire la nostra ipotesi iniziale: il Gioco dell'Oca si è rivelato come un archetipo del percorso della vita, o meglio "delle vite", del ciclo delle incarnazioni successive, dalle quali si otterrà la liberazione solo con il ritorno all'Uno, al Centro.
Da notare che la casella 1 è la casella che non può mai essere raggiunta, perchè si gioca con 2 dadi, il mistero iniziale, è un chiaro simbolo della Materia Prima, la cui identificazione e presa di possesso da parte dell'alchimista dà inizio all'Opera.
Il Gioco dell'Oca è "un labirinto popolare dell'Arte sacra e una raccolta dei principali geroglifici della Grande Opera.

World Tafl Federation Rating Top 10 players, May - 2018

Dal sito della WTF http://aagenielsen.dk/

2121    casshern, Los Angeles, USA (889) (GM) (FM) (Quad.) (Bers.) (HH.Tabl.) (Sea)
1971    Plantagenet, Châlons-en-Champagne, FR (514) (GM)
1928    OdinHimself, Valaskjálf, Ásgarðr (377) (IM)
1876    herjan, Formby, UK (285) (GM)
1869    Ded Fomich, Moskvagarðr, Garðaríki (462) (CM)
1848    crust, somerset, UK (3037) (GM) (FM)
1848    mmagari, Milano, Italia (943)
1828    Khan Asparukh, Sofia, Bulgaria (178) (HH.Tawlb.)
1814    fjorlag, Valhalla, (149)
1811    Sigurd, Pennsylvania, Vinland (103)