mercoledì 1 maggio 2019

Simbolismo del gioco dell’oca ed il Cammino di Compostela.




Nel corso dei millenni, il mondo profano ha elaborato un sistema di comunicazione verbale, sfociato, nella sua forma più complessa, nella dialettica e nella retorica. Ma la parola, che è alla base di esse, si è dimostrata inadeguata ad esprimere appieno tanto i sentimenti, i pensieri, quanto compiutamente i fenomeni del mondo reale.

Simbolismo del gioco dell’oca ed il Cammino di Compostela.

Secondo una leggenda medioevale, il corpo di San Giacomo Maggiore, dopo la sua decapitazione avvenuta a Gerusalemme fu trasportato su una barca che approdò in Galizia, nella “ria di Padròn” (Iria Flavia). Per secoli la tomba dell’Apostolo fu introvabile; solo nell’818 una stella ferma nel cielo indicò agli abitanti della ria il luogo della sepoltura. Il vescovo di Iria Flavia fece scavare in quel punto e fu riportata alla luce un’arca marmorea con le spoglie del santo. Il luogo fu chiamato Campo della Stella, da cui il nome spagnolo Compostela.

Il Santo fu creato patrono della Spagna e la via di accesso al suo santuario si chiamò il Cammino di Compostela o di Santiago. Col passare del tempo questa strada fu punteggiata da monasteri, ospizi ed ospedali, la cui difesa fu affidata ad ordini militari, tra cui sappiamo i templari. Ma il Cammino di Compostela era una via di pellegrinaggio antichissima, percorsa fin dal periodo neolitico da moltitudini di persone in cerca di iniziazione. In epoca precristiana era denominata: in vario modo tra cui “La via delle Oche selvagge”.

Le leggende cristiane medioevali ebbero origine nei monasteri benedettini dopo la fusione dei monaci di San Benedetto con quelli irlandesi di San Colombano, gli ultimi detentori delle conoscenze dei Druidi, sopravvissute alla conquista romana. I monaci irlandesi erano dei costruttori e la loro presenza sul “Cammino di Compostela” è ancora visibile in Galizia (Lugo e Pontevedra) e in Navarra (Leyra), dove rimangono importanti esempi di architettura di ispirazione celtica. Fra le leggende delle confraternite di costruttori medioevali v’era quella che narrava di un certo Maestro Giacomo, tagliatore di pietre, nativo dei Pirenei, tanto valente nella sua arte che aiutò Hiram di Tiro nella costruzione del Tempio di Salomone, innalzando la colonna Jakin, vocabolo che in basco significa “saggio”. I costruttori di Compostela erano riuniti in una confraternita denominata “Figli del Maestro Giacomo”, i quali erano cristiani, ma continuavano a seguire le loro antiche tradizioni. Il loro simbolo era il piede palmato dell’oca, simbolo del dominio dello spirito sulla materia

Quando gli antichi costruttori furono cristianizzati, il Maestro Giacomo, il saggio Jakin, divenne San Giacomo; i Jars (Oche), membri della confraternita, furono chiamati “Figli di Maestro Giacomo” ed il simbolo compagnonino dell’Oca si mutò nella conchiglia con la quale i pellegrini ornavano il loro mantello. Così, con una lieve modifica che lasciava intatto il nome era rispettata la tradizione antica lungo la via di Compostela, che in epoca pagana era detta: via delle Oche Selvagge (degli Jars liberi).
Si ha notizia del Gioco dell’Oca in una leggenda romana di cui Ercole è protagonista e, storicamente, nel secolo XVI. Forse la sua riscoperta avvenne in Italia, in quanto Francesco de’ Medici ne donò una copia a Filippo II d’Asburgo, ed il gioco affascinò la corte spagnola e presto si diffuse. Su un tavoliere è disegnato il tracciato di una via che gira a spirale, circolare o ellittica, diviso in 63 caselle numerate, di cui 13 con figure di oche, rappresentanti delle tappe vantaggiose. Lo stesso numero di tappe fu consigliato nel Medioevo ai pellegrini che si accingevano a compiere il percorso di Compostela. Altre caselle contengono figure simboliche che comportano delle penalizzazioni. Il riquadro centrale, senza numero, è il traguardo finale: il Giardino dell’Oca. Si tratta dunque di una via di Oche che, dopo il superamento di ostacoli nella marcia a spirale con giri sempre più stretti, conduce al Giardino dell’Oca, luogo di beatitudine fuori dal tempo, contemporaneamente fisico e metafisico, reale forse alle origini ma ormai soltanto spirituale, assimilabile all’Eden. Le caselle favorevoli sono quelle delle Oche (Jars) e dei Dadi (Grandi Pietre Cubiche. Le costruzioni megalitiche) che facilitano, le prime, il proseguimento del percorso e lo indicano e lo difendono i secondi. Gli ostacoli sono: il Ponte, l’Albero, il Pozzo, il Labirinto, il Carcere e la Morte. Ma la Morte si può sconfiggere con riti di rinascita. E di rinascita si tratta. Per l’iniziato il termine del pellegrinaggio non è Compostela, luogo di morte, ma è oltre: è la costa atlantica, è il capo Finisterre (Finis Terrae, estremo limite della terra), dopo il quale si entra nel Giardino dell’Oca, dove inizia il regno dello Spirito (la comunione con gli antenati).

La sua struttura a spirale, ripartita in 63 tappe in cui ricorrono alcuni simboli fissi, conduce verso il raggiungimento del centro, del "giardino dell'oca", meta di un cammino sapienziale iniziatico.

E' interessante notare innanzitutto che la spirale del gioco si svolge sempre in senso sinistrorso, come ad indicare che il raggiungimento del centro va inteso nel senso di una "via del ritorno", di una risalita verso l'origine, verso l'Uno.

L'Oca è una "guida provvidenziale": capitare su una casella contrassegnata da un'oca permette infatti di abbreviare il percorso, raddoppiando il punteggio ottenuto.

Il numero delle caselle, 63, è particolarmente significativo: come prodotto di 9 x 7 permette di intendere il percorso come successione di 7 cicli di 9.

Considerando anche il centro, avremmo in tutto 64 caselle e questo numero, è simbolo dell'Unità, verso la quale il cammino ci deve ricondurre (6+4=10; 1+0=1)

Conferma il valore di "guida provvidenziale" delle Oche è che le Oche donano delle "ali" che permettono di avanzare rapidamente; non ci si può fermare sulle loro caselle.

In tutto, il gioco comprende 14 Oche (un numero che ricorda, ad esempio, le tappe della "via crucis"), disposte secondo distanze regolari che evidenziano l'importanza del 7 e del 9 nella costruzione della struttura. Se infatti dividiamo il percorso in 7 cicli consecutivi di 9 caselle ciascuno ritroveremo sempre un'Oca alla quinta casella e un'Oca all'ultima, la nona. 

Quindi 4 caselle e un’oca alla quinta, poi 3 caselle ed un’oca alla 9°

A causa della disposizione regolare delle Oche, se un giocatore ottenesse 9 dal primo lancio dei dadi arriverebbe immediatamente alla fine del percorso, in quanto le Oche disposte a distanza 9 gli farebbero sempre replicare il punteggio iniziale.

Per evitare questo il gioco prevede due caselle speciali, dette caselle dei dadi, nelle quali deve portarsi immediatamente il giocatore che ottiene 9 col primo lancio. Le caselle favoriscono comunque chi ottiene un 9 iniziale, senza tuttavia fargli vincere subito il gioco ma permettendogli un ampio balzo in avanti.

Con due dadi, il 9 si può ottenere solo in due modi: con un 3 e un 6, oppure con un 4 e un 5. La caselle dei dadi saranno quindi solo due

L'analisi delle regole e delle caselle significative che abbiamo compiuto ci ha permesso di confermare e approfondire la nostra ipotesi iniziale: il Gioco dell'Oca si è rivelato come un archetipo del percorso della vita, o meglio "delle vite", del ciclo delle incarnazioni successive, dalle quali si otterrà la liberazione solo con il ritorno all'Uno, al Centro.
Da notare che la casella 1 è la casella che non può mai essere raggiunta, perchè si gioca con 2 dadi, il mistero iniziale, è un chiaro simbolo della Materia Prima, la cui identificazione e presa di possesso da parte dell'alchimista dà inizio all'Opera.
Il Gioco dell'Oca è "un labirinto popolare dell'Arte sacra e una raccolta dei principali geroglifici della Grande Opera.

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