Simbolismo del gioco dell’oca ed il Cammino di Compostela.
Secondo una leggenda medioevale, il corpo di San Giacomo Maggiore,
dopo la sua decapitazione avvenuta a Gerusalemme fu trasportato su una
barca che approdò in Galizia, nella “ria di Padròn” (Iria Flavia). Per
secoli la tomba dell’Apostolo fu introvabile; solo nell’818 una stella
ferma nel cielo indicò agli abitanti della ria il luogo della sepoltura.
Il vescovo di Iria Flavia fece scavare in quel punto e fu riportata
alla luce un’arca marmorea con le spoglie del santo. Il luogo fu
chiamato Campo della Stella, da cui il nome spagnolo Compostela.
Il
Santo fu creato patrono della Spagna e la via di accesso al suo
santuario si chiamò il Cammino di Compostela o di Santiago. Col passare
del tempo questa strada fu punteggiata da monasteri, ospizi ed ospedali,
la cui difesa fu affidata ad ordini militari, tra cui sappiamo i
templari. Ma il Cammino di Compostela era una via di pellegrinaggio
antichissima, percorsa fin dal periodo neolitico da moltitudini di
persone in cerca di iniziazione. In epoca precristiana era denominata:
in vario modo tra cui “La via delle Oche selvagge”.
Le leggende
cristiane medioevali ebbero origine nei monasteri benedettini dopo la
fusione dei monaci di San Benedetto con quelli irlandesi di San
Colombano, gli ultimi detentori delle conoscenze dei Druidi,
sopravvissute alla conquista romana. I monaci irlandesi erano dei
costruttori e la loro presenza sul “Cammino di Compostela” è ancora
visibile in Galizia (Lugo e Pontevedra) e in Navarra (Leyra), dove
rimangono importanti esempi di architettura di ispirazione celtica. Fra
le leggende delle confraternite di costruttori medioevali v’era quella
che narrava di un certo Maestro Giacomo, tagliatore di pietre, nativo
dei Pirenei, tanto valente nella sua arte che aiutò Hiram di Tiro nella
costruzione del Tempio di Salomone, innalzando la colonna Jakin,
vocabolo che in basco significa “saggio”. I costruttori di Compostela
erano riuniti in una confraternita denominata “Figli del Maestro
Giacomo”, i quali erano cristiani, ma continuavano a seguire le loro
antiche tradizioni. Il loro simbolo era il piede palmato dell’oca,
simbolo del dominio dello spirito sulla materia
Quando gli antichi
costruttori furono cristianizzati, il Maestro Giacomo, il saggio Jakin,
divenne San Giacomo; i Jars (Oche), membri della confraternita, furono
chiamati “Figli di Maestro Giacomo” ed il simbolo compagnonino dell’Oca
si mutò nella conchiglia con la quale i pellegrini ornavano il loro
mantello. Così, con una lieve modifica che lasciava intatto il nome era
rispettata la tradizione antica lungo la via di Compostela, che in epoca
pagana era detta: via delle Oche Selvagge (degli Jars liberi).
Si
ha notizia del Gioco dell’Oca in una leggenda romana di cui Ercole è
protagonista e, storicamente, nel secolo XVI. Forse la sua riscoperta
avvenne in Italia, in quanto Francesco de’ Medici ne donò una copia a
Filippo II d’Asburgo, ed il gioco affascinò la corte spagnola e presto
si diffuse. Su un tavoliere è disegnato il tracciato di una via che gira
a spirale, circolare o ellittica, diviso in 63 caselle numerate, di cui
13 con figure di oche, rappresentanti delle tappe vantaggiose. Lo
stesso numero di tappe fu consigliato nel Medioevo ai pellegrini che si
accingevano a compiere il percorso di Compostela. Altre caselle
contengono figure simboliche che comportano delle penalizzazioni. Il
riquadro centrale, senza numero, è il traguardo finale: il Giardino
dell’Oca. Si tratta dunque di una via di Oche che, dopo il superamento
di ostacoli nella marcia a spirale con giri sempre più stretti, conduce
al Giardino dell’Oca, luogo di beatitudine fuori dal tempo,
contemporaneamente fisico e metafisico, reale forse alle origini ma
ormai soltanto spirituale, assimilabile all’Eden. Le caselle favorevoli
sono quelle delle Oche (Jars) e dei Dadi (Grandi Pietre Cubiche. Le
costruzioni megalitiche) che facilitano, le prime, il proseguimento del
percorso e lo indicano e lo difendono i secondi. Gli ostacoli sono: il
Ponte, l’Albero, il Pozzo, il Labirinto, il Carcere e la Morte. Ma la
Morte si può sconfiggere con riti di rinascita. E di rinascita si
tratta. Per l’iniziato il termine del pellegrinaggio non è Compostela,
luogo di morte, ma è oltre: è la costa atlantica, è il capo Finisterre
(Finis Terrae, estremo limite della terra), dopo il quale si entra nel
Giardino dell’Oca, dove inizia il regno dello Spirito (la comunione con
gli antenati).
La sua struttura a spirale, ripartita in 63 tappe in
cui ricorrono alcuni simboli fissi, conduce verso il raggiungimento del
centro, del "giardino dell'oca", meta di un cammino sapienziale
iniziatico.
E' interessante notare innanzitutto che la spirale del
gioco si svolge sempre in senso sinistrorso, come ad indicare che il
raggiungimento del centro va inteso nel senso di una "via del ritorno",
di una risalita verso l'origine, verso l'Uno.
L'Oca è una "guida
provvidenziale": capitare su una casella contrassegnata da un'oca
permette infatti di abbreviare il percorso, raddoppiando il punteggio
ottenuto.
Il numero delle caselle, 63, è particolarmente
significativo: come prodotto di 9 x 7 permette di intendere il percorso
come successione di 7 cicli di 9.
Considerando anche il centro,
avremmo in tutto 64 caselle e questo numero, è simbolo dell'Unità, verso
la quale il cammino ci deve ricondurre (6+4=10; 1+0=1)
Conferma il
valore di "guida provvidenziale" delle Oche è che le Oche donano delle
"ali" che permettono di avanzare rapidamente; non ci si può fermare
sulle loro caselle.
In tutto, il gioco comprende 14 Oche (un numero
che ricorda, ad esempio, le tappe della "via crucis"), disposte secondo
distanze regolari che evidenziano l'importanza del 7 e del 9 nella
costruzione della struttura. Se infatti dividiamo il percorso in 7 cicli
consecutivi di 9 caselle ciascuno ritroveremo sempre un'Oca alla quinta
casella e un'Oca all'ultima, la nona.
Quindi 4 caselle e un’oca alla quinta, poi 3 caselle ed un’oca alla 9°
A
causa della disposizione regolare delle Oche, se un giocatore ottenesse
9 dal primo lancio dei dadi arriverebbe immediatamente alla fine del
percorso, in quanto le Oche disposte a distanza 9 gli farebbero sempre
replicare il punteggio iniziale.
Per evitare questo il gioco prevede
due caselle speciali, dette caselle dei dadi, nelle quali deve portarsi
immediatamente il giocatore che ottiene 9 col primo lancio. Le caselle
favoriscono comunque chi ottiene un 9 iniziale, senza tuttavia fargli
vincere subito il gioco ma permettendogli un ampio balzo in avanti.
Con
due dadi, il 9 si può ottenere solo in due modi: con un 3 e un 6,
oppure con un 4 e un 5. La caselle dei dadi saranno quindi solo due
L'analisi delle regole e delle caselle significative che abbiamo
compiuto ci ha permesso di confermare e approfondire la nostra ipotesi
iniziale: il Gioco dell'Oca si è rivelato come un archetipo del percorso
della vita, o meglio "delle vite", del ciclo delle incarnazioni
successive, dalle quali si otterrà la liberazione solo con il ritorno
all'Uno, al Centro.
Da notare che la casella 1 è la casella che non
può mai essere raggiunta, perchè si gioca con 2 dadi, il mistero
iniziale, è un chiaro simbolo della Materia Prima, la cui
identificazione e presa di possesso da parte dell'alchimista dà inizio
all'Opera.
Il Gioco dell'Oca è "un labirinto popolare dell'Arte sacra e una raccolta dei principali geroglifici della Grande Opera.